Menu principale:
L'utilizzo del marmo a Roma fino al periodo alto repubblicano appare limitato e riservato a sculture o monumenti per lo più funerari e sarcofagi con l'esclusione dell'architettura pubblica e privata. In questo periodo si utilizza per lo più marmo greco importato via mare. Tra il II e il I secolo a.C. con la conquista del Mediterraneo Orientale, Roma fa sua la monumentalità dell'architettura propria delle monarchie ellenistiche. Si inizia con i templi e i santuari laziali con l'amplimento dell'attività estrattiva a diversi siti del bacino Mediterraneo. Il passo successivo fu l'utilizzo del marmo nelle opere di architettura dell'aristocrazia romana, come nuovo segno di prestigio sociale. Nel periodo tardo repubblicano e il primo Impero, il marmo diviene modello principale come manifestazione di prestigio privato e di potere pubblico. In questo periodo le residenze degli imperatori diventano modello da imitare per l'archiettura privata di rango ( publica magnoficentia e luxuria privata ). In età Augustea l'utilizzo del marmo raggiunge il suo massimo splendore con il ricorso a marmi pregiati e colorati provenienti da una miriade di cave estrattive sparse sull'intero bacino del Mediterraneo. L'acquisizione di nuove provincie con l'espansione dell'Impero portava a Roma, fra i frutti delle nuove conquiste, anche nuovi materiali e tipologie di marmo. In questo periodo lo sfruttamento in grande scala delle cave di marmo passa sotto lo stretto controllo amministrativo di Roma e del suo Imperatore ritenendo le cave un suo proprio patrimonium. Dal I secolo d.C. si attua una riorganizzazione dell'attività estrattiva del marmo con una precisa organizzazione imperiale : un ufficio incaricato alla gestione delle cave, la statio marmorum, diretta da un procuratorum da dui dipendevano i procuratores delle singole cave. I marmi venivano estratti in blocchi numerati e siglati che permettevano di stabilirne non solo la provenienza geografica, ma anche il nome della cava e del banco di roccia o locus da cui era stato estratto. I vari marmi confluivano verso le stationes marmorum e da qui avviate via mare verso Roma. Il trasporto via mare dei marmi era generalmente appaltato a privati che erano ritenuti responsabili dell'integrità del carico. Venivano utilizzate le naves lapidariae in grado di trasportare da 100 a 300 tonnellate di marmo. Le vie del marmo collegavano i vari siti del Mediterraneo alle coste Italiane e a Roma e molteplici sono i relitti a testimonianza dell'intensa attività estrattiva delle cave Imperiali.